AccidEmpoli!

A me fa davvero molto piacere che questi due ragazzi con la faccia pulita, Vincenzo ed Eusebio, maturati e cresciuti in una fucina senza fine di talenti tanto umani quanto calcistici, siano due dei tre allenatori italiani (complimenti anche al terzo naturalmente!) che hanno portato le loro squadre fra le prime otto d’Europa

Chissà che cos’ha di così maliardo l’aria di Empoli per essere in grado di sfornare tanti campioni sia del campo che della panchina? E che strana bacchetta magica possiede patron Corsi (e chi lavora con lui) per aver creato un miracolo che secondo me non è stato ancora abbastanza studiato e celebrato se rapportato a una piccola città di provincia

Solo un modesto aneddoto personale e poi passo ai numeri (che sono, da soli, più che sufficienti) e mi taccio. Il primo a parlarmi di Vincenzo Montella fu un signore che si chiamava Franco Marmugi e che si occupava del settore giovanile dell’Empoli. Mi bastò la sua umanità per capire: mi bastarono la sua intelligenza e la sua generosità. Eccolo il segreto! Ad Empoli  i giocatori erano e penso siano ancora trattati come figli. E, come un figlio, Enzo venne prima accolto a 13 anni e poi persino accudito quando si ruppe una gamba (e per la verità anche quando dovette superare un problema ancor più serio di cui si è sempre parlato poco) e sembrava che la sua carriera fosse compromessa a 18 anni. Di fatto venne adottato, lui lontano da casa, trovando un babbo, una mamma e persino una simpatica sorella un po’ rompicoglioni (che poi le strade belle della vita mi avrebbero fatto un giorno accompagnare – commosso – all’altare, a mia volta come una terza figlia, al posto di babbo Franco che nel frattempo aveva avuto la brutta idea di lasciarci quaggiù a guardare il cielo)

Vuoi vedere che i calciatori e cioè i giovani uomini vanno cresciuti e coltivati come dei fiori? Vuoi vedere che il segreto è proprio questo. Vuoi vedere che quello che adesso la moda ci imporrebbe di chiamare “cantera” dovrebbe invece tornare a chiamarsi “vivaio”?

E non meno bella è la storia di Eusebio Di Francesco, abruzzese di sangue nobile e sincero, che a Empoli (dove giocava al fianco di Mazzarri con Salvemini allenatore) ha trovato una maturità e un equilibrio che ha poi dispensato sia in campo che in panchina, arrampicandosi probabilmente sul podio dei primi tre allenatori italiani.  Eusebio e Vincenzo, perdutisi dopo Empoli, una volta ritrovatisi a  Roma hanno pure vinto uno storico scudetto insieme. Per non parlare del non meno prezioso “scudetto” della loro meravigliosa amicizia

Vi risparmio i nomi dei giocatori cresciuti nell’Empoli che stanno alimentando in questo momento la Serie A (alcuni sono distribuiti fra la prima e la seconda squadra in classifica): sono almeno una ventina, compresi quelli di cui qualcuno ha dimenticato l’”origine”, come per esempio Eder arrivato a diciotto anni in Toscana. E, tanto per fare un altro esempio altrettanto significativo e per parlare di uomini oltre che di calciatori: chi ha scritto la lettera più struggente e indimenticabile a Davide Astori, se non l’ex empolese Riccardo Saponara?

Sempre in Serie A ci sono attualmente tre allenatori, letteralmente inventati oppure rigenerati a Empoli, nei primi sette posti del campionato (Sarri, Spalletti, Giampaolo): più tanti altri onorevolmente in giro per l’Italia

Forse è una voglia di conquista che è rimasta sul gozzo agli empolesi da quando Farinata degli Uberti impedì alle armate ghibelline di distruggere Firenze otto secoli fa: ma Empoli, evidentemente, la sua fetta di gloria fuori le mura se l’è saputa guadagnare comunque. E non è poco in un calcio e in una società che hanno tanta, tantissima fame di buoni esempi

 

 

La Comunione di Davide

Quello di oggi in Santa Croce è stato un grande raduno d’amore. L’amore di chi in Davide Astori ha perso il fratello, il figlio, il compagno di squadra che tutti vorrebbero o avrebbero voluto avere.

Quella in Santa Croce è stata certamente una commovente funzione religiosa perfettamente gestita da un Pastore che ha toccato le corde del pragmatismo, non della dottrina astratta,  ma anche una formidabile comunione laica che – purtroppo attraverso il dolore –  ha incanalato verso sentimenti di riconciliazione e di pace troppe cose che abitualmente inducono ad una sterile inimicizia, quando non all’odio.

C’erano tante bandiere in Santa Croce: eppure non c’era nessuna bandiera, se non quella della pietà per un ragazzo il cui sacrificio è bello immaginare come un punto di svolta di una metastasi apparentemente irreversibile. Abbiamo visto applaudire i “nemici”, abbiamo sentito – fra ieri e oggi – testimonianze che ritengo memorabili (due per tutte, quella di Milan Badelj e quella di Giorgio Chiellini). Abbiamo sentito Badelj parlare di “luce”, quella che Davide sapeva emanare con la sua normalità. Ha ricordato, il suo compagno croato, in un italiano perfetto eppure tenerissimo persino nei suoi inciampi (“la tua mama e il tuo papa”), che chi aveva educato Davide alla vita non aveva sbagliato nulla, “neanche una virgola”. Purtroppo è la morte che ha sbagliato mira

Eppure in questo giorno di indicibile sofferenza e allo stesso tempo di compostezza e di immensa, trasversalissima, sincera ed enorme partecipazione, è nata forse una speranza: che questo suo altrimenti inaccettabile sacrificio possa veramente riportare il calcio a una coscienza superiore al rancore. Il cardinale Betori ha parlato di sport come “luogo di crescita della persona”. Chiunque abbia avuto la fortuna, a qualsiasi titolo, di frequentare Davide è migliorato in qualcosa: nella  serietà, nella tolleranza, nell’esempio, nell’umiltà, nella semplicità,  nella stessa gioia di vivere. Ora sarebbe bello se migliorassimo anche tutti noi

Sarebbe bello – ed è una  missione che, ripeto, abbiamo TUTTI – che il seme della pace applicato allo sport non duri lo spazio di una mattinata, comunque di sole: nella quale si è capito che il calcio ha ancora una riserva d’amore che non va dispersa e da cui bisogna ripartire

Il Volo e la stampa

Cominciamo da un’informazione di servizio, utile a pianificare chi questa sera vorrà vedere il debutto del Festival di Claudio Baglioni. Questo è l’ordine di uscita dei cantanti: Annalisa, Ron, Kolors, Gazze’, Vanoni, Meta&Moro, Biondi, Facchinetti&Fogli, Stato Sociale, Noemi, Decibel, Elio, Caccamo, Canzian, Barbarossa, Diodato&Paci, Zilli, Rubino, Avitabile&Servillo, Vibrazioni.
Rimandata la presenza di Laura Pausini, che è a casa con l’influenza: ma che sarà presente sabato. Commento di un giornalista: “Certamente avrà avuto paura di misurarsi con Fiorello”
Confermata la mia anticipazione del fatto che il Volo duettera’ con Baglioni eseguendo “Canzone per te” in omaggio a Sergio Endrigo. Tutti assieme canteranno anche “La vita è adesso” Commento di una giornalista: “Così rovineranno anche quella” E la libertà di stampa. O di opinione. O di malevolenza gratuito. Ora vediamo se lo scriverà. Ma soprattutto mi incuriosirebbe sapere se avrebbe il coraggio di dirlo davanti a loro
Apprezzo (ed esercito) il diritto di critica. Ma qualcosa mi sfugge. Sul rapporto fra questi ragazzi e chi pretende di giudicarli così frettolosamente e arrogantemente. Quando andrò in cielo lo chiederò a Totò

Quando Lucio salirà su quel palco

Il clima è veramente da grande evento e, al contrario degli anni scorsi, è molto difficile individuare un vero favorito.
Ho assistito alle prove per alcuni minuti assieme a Claudio Baglioni che ho trovato veramente molto motivato e molto calato in una parte che temevo gli stesse stretta. Dopo ogni esibizione è andato a parlare con gli artisti, dando loro suggerimenti che immagino molto importanti e sicuramente molto graditi ed apprezzati.
Non è mio compito fare endorsement e non è detto che parliamo della canzone favorita. Ma vi assicuro che vedere su quel palco Ron che canta il brano postumo di Lucio Dalla fornisce un emozione difficilmente riferibile. A maggior ragione nel mio caso che ho avuto la fortuna di ascoltare l’esecuzione originale per pianoforte e voce dello stesso Lucio che è stata ritrovata nel suo computer. Ad un certo punto le parole si interrompono. Come si interrompe la Turandot di Puccini. Ora sta a Ron, che assieme a Gaetano Curreri (che però ha preferito declinare) poteva essere l’unico a portare quel gioiello su quel palco, tenere alto un nome che da solo nobilita, seppure dal cielo, il senso stesso di questo Festival
E ora vogliamo inaugurare questo blog con un quiz di riscaldamento? Quante sono, comprese quelle di quest’anno, le canzoni presentate nella storia del Festival di Sanremo (ovviamente le doppie interpretazioni valgono per una)? Il numero di riferimento e’ 2000. Saranno di più? Saranno di meno?

Nasce “Il Bartoletti”

Sono entrato in Facebook un anno e mezzo fa.                                                                Con curiosità, con pudore, con un pizzico di diffidenza, con trasparenza, con sincerità. credo con impegno e serietà ho scritto, ho raccontato, mi sono confrontato con franchezza e disponibilità.
Ho condiviso emozioni, ricordi, pezzi di vita. ho cercato di tenere dritta la barra della civiltà pare che la cosa sia riuscita abbastanza bene (al punto da generare persino un libro che mi è quasi esploso fra le mani).
Ora è arrivato il momento di fare un altro piccolo salto.
Domani da Sanremo, e per ora in punta di piedi, inaugurerò il mio blog (pur mantenendo il mio profilo per gli amici e la mia pagina anche come vettore di questa nuova creatura).
Nasce “il Bartoletti”. se non lo trovate, vi verrà a cercare: con consolidata amicizia