È arrivato oggi agli 80 anni come nessuno di noi potrà mai sognare di arrivarci: integro, bello, sereno, forse felice.
A detta di molti, Nino Benvenuti è stato il più grande pugile italiano. A detta di tutti – per classe, talento ed eleganza – è stato uno dei più grandi campioni del pugilato mondiale di ogni epoca. Ma non è questo il punto. Giovanni Benvenuti, detto Nino, è stato ed è soprattutto un Grande Italiano. Figlio di una storia dapprima crudele e poi diventata sempre più luminosa: rappresentante di una generazione che ha preso letteralmente a pugni la vita, non solo in senso metaforico, piegandola al segno della speranza, quando il nostro sembrava un Paese ormai in ginocchio e senza futuro.
Era fuggito dall’ Istria delle foibe e delle persecuzioni, portando a Trieste i suoi sogni ancora intatti e l’orgoglio della sua italianità. Quando vinse le Olimpiadi di Roma del 1960, venendo dichiarato l’atleta più forte in assoluto di quel torneo (davanti a un signore che si chiamava Cassius Clay), pianse di gioia e senza pudore guardando il tricolore che si alzava sul pennone più alto. Aveva combattuto, come sempre avrebbe fatto in futuro, con l’anello di sua madre Dora, (morta per le conseguenze postume di una spedizione punitiva da parte di un commando di titini) allacciato alle stringhe delle sue scarpe da boxeur.
Il pugilato italiano in quei Giochi, portò a casa sette medaglie (di cui tre d’oro) su dieci complessive. Mai come in quell’occasione lo sport aveva funzionato come volano di redenzione per tanti ragazzi che altrimenti avrebbero potuto prendere strade meno fortunate
Quello che Nino fece poi da professionista è più leggenda che cronaca sportiva. Appartengo alla generazione di italiani (pare 16 milioni) che prima dell’alba del 17 aprile 1967 ascoltò alla radio il racconto del suo trionfo al Madison Square Garden di New York contro Emil Griffith, quando si laureò campione del mondo dei pesi medi. Quel “nemico”Griffith, vittima di ogni forma di discriminazione nel suo Paese (per il colore della sua pelle e per la sua omosessualità) che solo da parte sua, tanti anni dopo, ritrovò il conforto di un abbraccio fraterno e di una boccata d’ossigeno per continuare a vivere i suoi ultimi giorni con dignità
Lo sport non fornisce solo campioni con medaglie d’oro al collo o con prestigiosi simboli di gloria sul petto e nel portafoglio: ma anche grandissimi esempi: e soprattutto grandissimi uomini. Tutti in piedi per Nino!