Quello di oggi in Santa Croce è stato un grande raduno d’amore. L’amore di chi in Davide Astori ha perso il fratello, il figlio, il compagno di squadra che tutti vorrebbero o avrebbero voluto avere.
Quella in Santa Croce è stata certamente una commovente funzione religiosa perfettamente gestita da un Pastore che ha toccato le corde del pragmatismo, non della dottrina astratta, ma anche una formidabile comunione laica che – purtroppo attraverso il dolore – ha incanalato verso sentimenti di riconciliazione e di pace troppe cose che abitualmente inducono ad una sterile inimicizia, quando non all’odio.
C’erano tante bandiere in Santa Croce: eppure non c’era nessuna bandiera, se non quella della pietà per un ragazzo il cui sacrificio è bello immaginare come un punto di svolta di una metastasi apparentemente irreversibile. Abbiamo visto applaudire i “nemici”, abbiamo sentito – fra ieri e oggi – testimonianze che ritengo memorabili (due per tutte, quella di Milan Badelj e quella di Giorgio Chiellini). Abbiamo sentito Badelj parlare di “luce”, quella che Davide sapeva emanare con la sua normalità. Ha ricordato, il suo compagno croato, in un italiano perfetto eppure tenerissimo persino nei suoi inciampi (“la tua mama e il tuo papa”), che chi aveva educato Davide alla vita non aveva sbagliato nulla, “neanche una virgola”. Purtroppo è la morte che ha sbagliato mira
Eppure in questo giorno di indicibile sofferenza e allo stesso tempo di compostezza e di immensa, trasversalissima, sincera ed enorme partecipazione, è nata forse una speranza: che questo suo altrimenti inaccettabile sacrificio possa veramente riportare il calcio a una coscienza superiore al rancore. Il cardinale Betori ha parlato di sport come “luogo di crescita della persona”. Chiunque abbia avuto la fortuna, a qualsiasi titolo, di frequentare Davide è migliorato in qualcosa: nella serietà, nella tolleranza, nell’esempio, nell’umiltà, nella semplicità, nella stessa gioia di vivere. Ora sarebbe bello se migliorassimo anche tutti noi
Sarebbe bello – ed è una missione che, ripeto, abbiamo TUTTI – che il seme della pace applicato allo sport non duri lo spazio di una mattinata, comunque di sole: nella quale si è capito che il calcio ha ancora una riserva d’amore che non va dispersa e da cui bisogna ripartire